Parliamo di Depressione

Parliamo di depressione perché parlare di depressione non è semplicemente fare una lista di sintomi clinici, nello specifico  tristezza, sentimenti di inquietudine, impotenza, rassegnazione, autosvalutazione, tendenza all’isolamento e alla sedentarietà, senso di solitudine, scarsa cura di sé, autoabbandono, sentimenti di inquietudine, impotenza, rassegnazione, autosvalutazione, inutilità, sfiducia, delusione costante, angoscia e pessimismo sul futuro, vittimismo, perdita di senso di vivere, senso di vuoto,, senso di fallimento, sconforto, disperazione  e, in particolare, perdita di interesse o piacere in tutte le attività quotidiane, parlare di depressione è innanzitutto difficile e a volte può sembrare purtroppo impossibile o inutile,

E se parlare di depressione può essere così difficile da sembrare impossibile è proprio perché il vissuto depressivo sottrae spazio e significato anche, se non innanzitutto, alla parola, allo scambio e all’incontro, con noi stessi e con il Mondo.

Come se né noi né il Mondo avessimo più nulla da dirci, da ascoltare e da scambiare, come se il mistero della Vita fosse sfumato per sempre, lasciandoci le spoglie ormai inutili e insignificanti, incapaci di comunicare e di parlare alla nostra Anima.

Ma il Mondo non finisce mai del tutto e la nostra stessa Anima non si lascia risucchiare per sempre in questa sorta di buco nero di solitudine e angoscia, può rimanere uno spazio sottile e quasi invisibile/indicibile di incontro, mediato dalle “penultime” parole e dalle immagini, che sono il lessico del nostro inconscio e dell’incontro col nostro inconscio.

Psicoterapia è “talking cure”, prendersi cura delle parole e con le parole finché e affinché da “penultime” non divengano “ultime” ma si riprendano lo spazio e il significato, il sapore, che stavano perdendo: sapore di scambio, incontro, mistero e creatività. Perché la depressione tenta di soffocare e togliere energia soprattutto alla nostra creatività e al suo potere di dare forma alla nostra vita, a quel vero e proprio “Fiat Lux” che simbolicamente spezzi le tenebre dell’insensato e della sterilità del vuoto.

Psicoterapia è anche “imaginative cure”, cura per immagini, simboli, dialogo con se stessi e il proprio inconscio… non parlano forse per immagini i nostri sogni? E la depressione spesso rende i sogni quasi impossibili o comunque piatti, amorfi, grigi e  privi di vitalità.

Parola e Immagini guidano la terapia, così come strutturano la forma e la sostanza del nostro essere nel Mondo, del nostro esprimerci nel Mondo, del nostro incontro qui e ora con il mistero di essere noi stessi, di evolvere noi stessi e del dare parola e forma a noi stessi.

Quando i Devas, gli uomini e gli Asuras, leggiamo nel primo Brahmana della quinta lezione del Bhrad-iiranyaka Upanishad ebbero terminato il loro noviziato con Prajapati, gli rivolsero questa preghiera: «Parlaci».
«Da, – disse Prajapati, il dio del tuono. – Mi avete inteso?»
E i Devas risposero: «Ci hai detto: Damyata, dominatevi», – il sacro testo volendo dire che le potenze superiori si sottomettono alla legge della parola.
«Da, – disse Prajapati, il dio del tuono. – Mi avete inteso?»
E gli uomini risposero: «Ci hai detto: Data, date», – il sacro testo volendo dire che gli uomini si riconoscono per il dono della parola.
«Da, – disse Prajapati, il dio del tuono. – Mi avete inteso?»
E gli Asuras risposero: «Tu ci hai detto: Dayadhvam, fate grazia», – il sacro testo volendo dire che le potenze inferiori risuonano all’invocazione della parola. Ecco, riprende il testo, ciò che la voce divina fa intendere nel tuono: Sottomissione, dono, grazia.
Da da da. Giacché Prajapati a tutti risponde: «Mi avete inteso».

J. Lacan  – “Scritti”

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